Un’intera filiera per sconfiggere il Covid-19
30 Aprile 2020Il blocco totale delle attività del 12 marzo ha generato notevoli disagi in tutti i settori industriali del nostro Paese. Da sempre uno dei più fragili, il mondo dell’editoria italiana sta vivendo una pesantissima stagione di crisi. La chiusura delle librerie, le difficoltà di produzione degli editori, le complessità logistiche dei distributori hanno portato a uno stallo inevitabile che sta costando al settore un danno senza precedenti.
Come riportato dall’articolo di Il Libraio del 24 marzo, secondo l’Associazione Italiana Editori risulteranno «18.600 titoli pubblicati in meno in un anno, 39,3 milioni di copie che non saranno stampate, 2.500 titoli che non saranno tradotti», a fronte, oltretutto, di un ingente ricorso alla cassa integrazione per circa il 64% delle case editrici nostrane.
Alla riapertura progressiva delle librerie dal 14 aprile – avvenuta in anticipo rispetto ad altre attività commerciali a seguito dell’appello dell’Associazione Librai Italiani, seppur con opinioni contrastanti anche tra gli stessi operatori del settore – ci sono però ancora tantissimi nodi da sciogliere.
Primo tra tutti l’esigenza di creare un dibattito coeso tra le parti al fine di dialogare con gli organi statali e trovare una soluzione al crollo di un settore. A richiedere con forza l’unità d’intenti è stata inizialmente l’ADEI (Associazione degli Editori Indipendenti); il 17 marzo il presidente Zapparoli puntualizza l’esigenza di «dar vita al più presto a un tavolo di cui facciano parte tutte le Associazioni di rappresentanza del mondo del Libro, per richiedere un intervento economico, in particolare del Ministero della Cultura, dell’Economia, dello Sviluppo economico».
Seguono proposte altrettanto concrete che volgono l’attenzione su un lavoro organico capace di andare oltre il beneficio del singolo, uno scoglio da superare già in epoca “pre-Covid”. Su Internazionale un sentito articolo di Nicola Lagioia solleva un punto su cui dibattere: «Ognuno dovrebbe dare il buon esempio. Insieme bisognerebbe spiegare alle istituzioni (nessuno più degli addetti ai lavori può saperlo) di cosa c’è davvero bisogno. […] Se non è una crisi epocale l’occasione per bruciare le tappe e innovarsi, cosa può esserlo?».
Con l’avanzare della Fase 2 dal 4 maggio, trascorsi quasi due mesi dall’inizio del lockdown, gli editori cominciano a percorrere strade concrete per evitare ulteriori perdite. Dimostratesi poco efficaci le vie del mercato digitale (l’ebook cresce, ma non a sufficienza) si deve ripiegare sulla ricalibrazione dei piani editoriali. Lo spiegano Elisabetta Sgarbi (La nave di Teseo), Gianluca Foglia (Feltrinelli), Stefano Mauri (Gruppo GeMS), Paolo Repetti (Einaudi Stile Libero) su Robinson in un dettagliato articolo che lancia l’allarme di un temibile “effetto imbuto” che porterebbe ad affollare le librerie nel periodo tra settembre e dicembre prossimi.
Eppure, in questo susseguirsi di appelli accorati e ipotesi di cambiamento, si percepisce una diffusa tendenza a “dimenticare” l’esistenza dell’agente letterario come parte integrante della filiera. Una figura (mai citata in queste settimane) che lavora dietro le quinte ma che spesso determina l’effettivo movimento di mercato, non solo all’interno dell’ambito italiano, ma anche e soprattutto in quello internazionale.
Proprio per la loro visione d’insieme – si inquadrano in effetti come trait d’union tra autori, editori, produttori cinematografici, distributori e anche librai – le agenzie letterarie possono dare al settore un importante contributo alle strategie di ripartenza.